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Piazza Armerina

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Philosophiana - nei pressi di Piazza Armerina

La contrada Sofiana si erge sul bordo meridionale del fiume Gela, lo stesso fiume che accarezza le fondamenta della Villa Romana Imperiale di Piazza armerina. È su un rilievo collinare, che si poggia la più vasta e indagata necropoli. Sorge sul punto più alto della contrada, dalla quale si domina tutta la vallata del Gela, con uno sguardo che si spinge fino ai contrafforti di Monte Navone e di Piazza Armerina.
Le tombe del tipo a fossa terragna sono in genere rivestite da lastrine litiche e ricoperte da lastroni della stessa pietra. La loro presenza comincia a datarsi dal periodo imperiale, contemporaneo a quello della città, fino alla tarda antichità. In una tomba monumentale, di epoca bizantina, sono stati trovati i resti di sette corpi con un ricco corredo funerario (oggetti di ornamento personale, vasi in ceramica, una coppia di orecchini in oro etc.).

Al centro della necropoli è risparmiato uno spazio, probabilmente dedicato alle cerimonie funebri. Sono emerse costruzioni con impianti termali risalenti al IV secolo. Dell’impianto restano completamente leggibili la grande sala d’ingresso, i corridoi di passaggio, l’apoditherium, due piccole vasche per pediluvio, il laconico, il frigidario, il calidario, il tepidario e la piscina frigidario. In alcuni muri sono visibili resti di pittura ed in uno dei due pediluvi anche quelli della rivestitura in marmo. Poco a monte si conservano i resti di una conduttura e di una vasca di raccolta dell’acqua, che scendeva dalla sorgente di Monte Alzacuda e serviva proprio l’impianto termale.

I resti di una strada ben conservata, lungo la quale si articolano da un lato e dall’altro ambienti di varia grandezza identificati come botteghe e un’osteria, portano ad un secondo corpo di fabbricati, costituito da una casa signorile. Una fontana al centro del vasto portico, tre piccoli vani con il pavimento in cocciopesto - di cui uno conserva ancora una greca e degli intarsi in pietra bianca -, un ingresso a tre fornici sono i resti di un ambiente che dev’essere ancora completamente indagato. L’ingresso della domus si collega sul versante nord ad un altro tratto di strada in conci di arenaria, dello stesso tipo di quella che dall’interno porta all’abitazione.

Sull’estremo versante settentrionale corre un lungo e spesso muro, cui si appoggiano diversi vani su più livelli. Più che come una fortificazione, esso viene interpretato come il resto di un muro pomeriale, che differenziava la città dalla campagna.
Dalla statio sono pervenuti reperti di diversa epoca e di vario interesse. Oltre che di età castellucciana, greca e romana, è stata rinvenuta ceramica di periodo bizantino, arabo, normanno e svevo. I resti si riferiscono a lucerne, incensieri, boccali, anfore, piatti, etc. Sono stati, inoltre, rinvenuti anelli e pendenti in argento e bronzo, fibbie in bronzo, aghi in osso. Particolarmente importanti sono gli oggetti in vetro, prodotti in una delle fornaci di Philosophiana. In una stanza adiacente alla zona termale fu rinvenuto un tesoretto di circa 300 monete in bronzo coniate tra l’età di Adriano (117 – 148) e quella di Costanzo (337 – 361). Sono monete abbastanza usurate, pesano quasi sempre più di un grammo e sono di diametro di circa un centimetro. Le monete sono in bronzo, di vario tipo e di diverse epoche e di solito non di grande valore. Un gruppo di quelle meglio conservate è esposto in una vetrina del museo di Gela, dove si trova tutto il materiale rinvenuto dagli archeologi.

Una passeggiata di circa 500 metri porta alla necropoli sud, dove sorge l’impianto della basilica paleocristiana. Le tombe, disposte a raggiera attorno all’abside della chiesa, hanno le stesse caratteristiche di quelle della necropoli est. Molte all’interno presentano una pedarola sporgente per agevolare la deposizione dei corpi. Tutte hanno restituito corredi funerari, in genere abbastanza poveri. All’interno della necropoli sorge la grande basilica. Nata nel IV secolo come cella sepolcrale absidata del tipo del marthyrion, nel VI registrò l’aggiunta di una grande navata rettangolare. A ridosso, sul versante sud-ovest, venne ricavata una cripta suddivisa in due ambienti. Le due navate laterali, realizzate verso la fine del VII secolo, inclusero la cripta ed altre tombe preesistenti. Al VIII secolo viene datato il piccolo nartece, aggiunto all’esterno della navata centrale. Questi i principali resti archeologici individuati, che vanno inseriti in un complesso di ben più vaste dimensioni, individuato soprattutto attraverso i rilevamenti aereofotogrammetrici condotti dal compianto Dinu Adamesteanu intorno agli anni ’60.

 

La sfilata delle truppe era guidata dal conte Ruggero D’Altavilla, figlio di Tancredi e fratello di Roberto il Guiscardo che in nome del Pontefice, si offrì di liberare i siciliani dalla dominazione musulmana, riportando così la cristianità. Le milizie normanne, dopo la conquista della Sicilia, vollero rimanere nella nobile città di Plutia. Essa divenne un caposaldo della conquista normanna, ben presto gli abitanti riuscirono a conquistarsi la stima e l’affetto del conte Ruggero così che questi donò alla città il labaro ricevuto dal Papa dimostrando così il carattere religioso della sua impresa.
La manifestazione del Palio dei Normanni, che ogni anno attira migliaia di turisti da tutto il mondo, viene organizzata in tre giornate: 12-13-14 agosto.

- Il primo giorno di festa e cioè il 12 agosto, un carosello storico ricorda l'ingresso delle truppe normanne in città e “La consegna delle armi”.
- Il secondo giorno, 13 agosto, “La consegna delle chiavi” della città al Conte Ruggero
- Il terzo giorno ed ultimo giorno, 14 agosto, si svolge il Palio o Quintana, un'avvincente giostra fra quattro squadre di cinque cavalieri in costume d'epoca, rappresentanti i I Quattro Quartieri dell'antica Plutia (Monte, Canali, Castellina e Casalotto), alla presenza del Conte Ruggero e dei dignitari cittadini. Vuole la tradizione che il vessillo sia la Madonna delle Vittorie, oggi custodita nella Cattedrale.

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